Il Consiglio Comunale
Vista la proposta n. 5/2000 ad oggetto "Approvazione progetto centrale di decompressione gas. Adozione Variante P.r.g. Art. 1 legge 03/01/1978 e art. 4 legge 18/11/1998 n. 5 avanzata dall'Ufficio Edilizia Privata del tenore seguente:
IL CONSIGLIO COMUNALE
Vista la richiesta dell'A.G.E.S, Azienda Gas Energia Servizi, Via Cesare Battisti 71, Pisa, intesa ad ottenere la concessione edilizia per la costruzione di una cabina per la decompressione del gas metano in località "i sodi", in prossimità della via vicinale denominata Gofi di Pecora;
Constatato che la costruzione da realizzare insiste in una zona a destinazione agricola del P.R.G.;
Visto che l'A.G.E.S. è una S.P.A. di cui il Comune di Bientina detiene una quota azionaria;
Considerato quindi che l'opera da realizzare ha tutte le caratteristiche di opera pubblica;
Ravvisata l'urgenza di provvedere;
Visto l'art. 6 delle N.T.A. del R.U.;
Vista la legge 03.01.1978 n° 1, così come modificata dalla legge 18.11.1998, n° 415;
Visto il parere espresso dal responsabile del servizio interessato, ai sensi dell'art. 49 del Decreto Legislativo 18.08.2000, n° 267;
Con n. ….voti favorevoli, n. ….contrari, n. ….astenuti, su n. ….consiglieri presenti:
DELIBERA
A) Di approvare, ai sensi della legge n. 1/1978 come modificata dalla legge n. 415/1998, il progetto per la costruzione di una cabina di decompressione del gas in località "i sodi" presso la via vicinale Gofi di Pecora presentato dall'A.G.E.S., Via Cesare Battisti 71, Pisa, a firma dell'ing. Carlo Fascetti;
B) Di confermare che l'approvazione del progetto costituisce adozione di variante del P.R.G., che sarà approvata con le modalità previste dall'art. 6 e seguenti della L. n° 167/1962;
C) Di autorizzare, ai sensi dell'art. 6 delle N.T.A. del R.U., il responsabile dell'ufficio Edilizia Privata a rilasciare la concessione edilizia nelle more di approvazione del presente atto;
D) Di incaricare il responsabile dell'Ufficio Urbanistica di porre in essere tutti gli atti conseguenti all'adozione del presente atto;
Vista la relazione del Sindaco che si allega quale parte integrante e sostanziale della presente delibera, dalla quale emergono aspetti di complessità e la necessità di definire con chiarezza e precisione la normativa di riferimento in base alla quale viene approvato come opera pubblica il progetto presentato da AGES S.p.A. ed il relativo procedimento;
Sentiti gli interventi dei consiglieri allegati alla presente quale parte integrante e sostanziale;
Considerate rilevanti le problematiche emerse dalla relazione e ritenuto opportuno procedere ad integrare la proposta;
Rilevata la necessità di precisare nell'oggetto della delibera che si tratta di impianto di decompressione e misura del gas metano e non come erroneamente indicato di distribuzione;
Ritenuto opportuno, al fine di garantire un adeguato inserimento ambientale, come richiesto anche dalla Commissione e comunque come previsto dai principi del Piano Strutturale vigente, porre come condizione all'approvazione del progetto in sede di Commissione Edilizia e comunque prima del rilascio della concessione, la verifica della condizione che "il manufatto deve inserirsi nel contesto ambientale con tipologie e materiali idonei";
Considerate le problematiche emerse in ordine alla normativa da utilizzare e al procedimento da seguire;
Richiamato il parere legale richiesto per un caso analogo, di cui si riporta i passaggi più significativi, facendo proprie le argomentazioni e le conclusioni elaborate:
"
… Si tratta, per chiarire meglio la portata ed i limiti della presente disamina1 di valutare se per la realizzazione del progetto… (n.d.r.: di opera pubblica), sia necessario seguire l'iter della variante al Regolamento Urbanistico di cui ai comma da tre a otto dell'art. 30 della L.R. n. 5/1995, ovvero se sia sufficiente l'approvazione del progetto ai sensi dell'art. 1 della L. n. 1/1978….… Il punto da cui prendere le mosse per l'analisi giuridica della questione e' quello relativo alla verifica del tipo di destinazione impressa dallo strumento urbanistico all'area su cui deve realizzarsi detta opera pubblica, e della natura delta relativa non conformità alle previsioni del piano….
… La normativa cui occorre richiamarsi e che trova applicazione al caso dì specie é l'art. 1 della L. n. 1/1978 (così come modificato dalla L. n. 415/98), la quale deve intendersi disciplina giuridica speciale cui può farsi ricorso, in deroga alla normativa urbanistica regionale, ogni volta che motivate ragioni di interesse pubblico rendono necessario un iter più abbreviato o accelerato per l'approvazione e la realizzazione di un'opera pubblica, anche non programmata e non conforme alle previsioni di piano.
In particolare, il quinto comma prevede che "…nel caso in cui le opere ricadano su aree che negli strumenti urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi oppure sono destinate a tipologie di servizi diverse da quelle cui si riferiscono le opere medesime e che sono regolamentate con standard minimi da norme nazionali o regionali, la delibera del consiglio comunale di approvazione dei progetto preliminare e la delibera di giunta comunale di approvazione del progetto definitivo ed esecutivo costituiscono adozione di variante degli strumenti stessi, non necessitano di autorizzazione regionale preventiva e vengono approvate con le modalità previste dagli arti. 6 e seguenti della legge 18 aprile 1962 n. 167, e successive modificazioni".
Più in generale, il comma 4 della norma citata stabilisce che, nei casi in cui Io strumento urbanistico vigente contenga destinazioni specifiche di aree per la realizzazione di servizi pubblici l'approvazione di progetti preliminari e definitivi di lavori pubblici anche se non conformi alle specifiche destinazioni di piano, non comporta necessità di varianti allo strumento urbanistico, purché ciò non determini modifiche ai dimensionamento o alla localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione, regolamentate con standard urbanistici minimi da norme nazionali o regionali.
Pertanto, la ratio perseguita dal legislatore con la normativa citata e' quella di consentire alla pubblica amministrazione, in presenza di motivate necessità pubbliche, di soddisfare l'esigenza di realizzare, anche in variante al PRG, singole opere pubbliche nell'ambito di un procedimento accelerato e dotato di vita autonoma e con peculiari obiettivi, considerando in tal caso evidentemente superfluo l'esperimento del complesso iter di formazione degli strumenti urbanistici e delle loro varianti. Cìò trova conforto anche nella L. 109/1994, laddove all'ottavo comma dell'art. 14, recante in rubrica "programmazione delle opere pubbliche", prevede la possibilità di ricorrere "per motivate ragioni di pubblico interesse" alle disposizioni dell'art. 1, quarto e quinto comma, della L. n. 1/78, per realizzare progetti di lavori pubblici non conformi agli strumenti urbanistici vigenti e perciò non programmati ne' ricompresi nell'elenco annuale di cui al comma primo dello stesso art.. 14.
E' ritenuto, pertanto, sufficiente il ricorso alla variante interna del quarto comma dell'art. 1 della L. n. 1/78, quando il piano vigente ha già apposto un efficace vincolo preordinato all'espropriazione con la previsione della realizzazione di servizi pubblici, e si tratta soltanto di valutare l'opportunità di realizzare un'opera diversa da quella prevista nel piano, pur nel rispetto del dimensionamento e delle localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione.
Diversamente nel caso in cui il piano urbanistico non preveda la realizzazione nell'area di un'opera pubblica o ci sia nell'area una destinazione a tipologie di servizi diverse da quello cui si riferisce l'opera che pubblica che si intende realizzare, non bastando in tal caso l'approvazione del progetto ai sensi dell'art 1, 4° comma, della L. n. 1/78, bensì occorrendo l'adozione della variante al piano secondo la procedura, sia pure abbreviata, prevista dal 5° comma della medesima norma secondo l'iter della L. n. 167/1962 e l'approvazione dell'autorità competente.
In tal senso si e' pronunciata una costante1 ed anche recente, giurisprudenza amministrativa, la quale ha affermato che ".. in forza dell'art. 1 della legge n. 1/78, l'approvazione del progetto di un'opera pubblica che non sia conforme alle previsioni del piano urbanistico e' ammessa solo quando il piano vigente già prevede un efficace vincolo preordinato all'espropriazione; in tal caso la realizzazione di un'opera pubblica diversa da quelli contemplati dallo strumento urbanistico non richiede la necessità di una variante al medesimo. La ratio della disposizione considera evidentemente come superfluo l'esperimento del complesso iter di formazione degli strumenti urbanistici quando si tratti di valutare solamente un diverso assetto e bilanciamento dei servizi pubblici da dislocare sul territorio, e quando non vi sia la esigenza e motivazione sull'impatto della nuova scelta urbanistica sull'interesse dei privati coinvolti, ai quali non si richiedono ulteriori sacrifici, trattandosi di aree già predestinate al soddisfacimento di un interesse pubblico. Al contrario, se il piano urbanistico non contempli la realizzazione sull'area di un' opera pubblica1 e il Consiglio Comunale per la prima volta la preveda, non basta l'approvazione del progetto, ma con essa si accompagna l'adozione della variante al piano, sulla quale si deve pronunciare anche l'autorità' competente alla sua approvazione con la procedura accelerata all'uopo prevista (sic. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, n. 1200 del 28.04.2000; Cons. Stato, sez. V, n. 462 del 22.06.1998).
In virtù della modifica introdotta dall'art. 4 della L. n. 415/98, a tale seconda ipotesi deve analogamente ricondursi quella in cui, pur preesistendo la destinazione di piano a servizi pubblici, l'opera che si intende realizzare sia riconducibile ad una tipologia di servizio diversa da quella prevista sull'area dallo strumento urbanistico, con conseguenti modifiche al dimensionamento o alla localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione.
Con riguardo al caso di specie si può concludere pertanto che il Comune di Bientina, dando atto delle evidenti ragioni di pubblico interesse che giustificano la modifica delle precedenti scelte urbanistiche, può far ricorso alla procedura di variante accelerata di cui alla normativa speciale della L. n. 1/1978, anziché all'iter della variante al regolamento urbanistico di cui all'art. 30. L.R.T. n. 5/95. Pertanto, se sull'area in cui codesta amministrazione intende realizzare l'opera descritta esiste una previsione di piano che contempla la destinazione ad una tipologia di servizio diversa rispetto a quella cui è ascrivibile l'opera realizzanda, che comporta implicita modifica al dimensionamento ed alla localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione, occorrerà procedere all'iter abbreviato di cui agli artt. 6 e seg. della L. n. 167/1962, ai sensi del quinto comma di cui all'Art. 1 della L. n. 1 /1978, senza alcuna autorizzazione regionale preventiva.
Il rinvio a tale norma attiene ovviamente alle modalità procedimentali, ma non si estende ai contenuti sostanziali valevoli per i piani dell'edilizia residenziale pubblica. In particolare, l'iter cui si rinvia prevede: la pubblicazione degli atti relativi mediante deposito presso la segreteria comunale, affissione sull'albo del Comune e inserzione sul FAL della Provincia, per le opposizioni e le osservazioni, l'inoltro di tutti gli atti all'assessorato regionale dei lavori pubblici per la definitiva approvazione nei sessanta giorni successivi.
La variante entra in vigore con l'approvazione regionale ed e' solo in quel momento che la modifica della destinazione urbanistica dei suoli interessati acquista efficacia. Per l'effetto, la dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza rimane differita rispetto al momento dell'approvazione del progetto da parte del competente organo comunale e consegue solo al perfezionamento dell'iter di approvazione della variante. Solo l'approvazione regionale e' idonea, cioè, a far conseguire gli effetti di dichiarazione di p.u. del progetto dell'opera approvata, ed a sorreggere gli ulteriori atti della procedura ablativa, quale il decreto di occupazione d'urgenza (sic. Cons Stato, sez, VI, n. 702 deI 23.02.1998).
Per completezza espositiva deve precisarsi che la realizzazione di un'opera pubblica mediante ricorso alla procedura di cui all'art. I della L. n. 71/78 non richiede ovviamente la necessaria previa inclusione dell'opera stessa nel programma pluriennale di attuazione (v. Cons. Stato, sez. VI, n. 1204 deI 12.11.1996).
Deve aggiungersi. da ultimo, che, posto che, ai sensi dell'art 32 L. n. 142/1990, rientra nella competenza del consiglio comunale l'adozione di piani territoriali e urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, si ritiene che la giunta comunale non può sostituirsi al consiglio nel deliberare una variante al piano regolatore generale, neppure quando si tratti di variante parziale e di rito abbreviato, ai sensi dell'art. 1 della L. n. 1/78, atteso che anche le varianti devono intendersi riservate al Consiglio.
E' stato affermato, infatti, dalla giurisprudenza amministrativa che "….la disposizione dell'art. 1. 5° comma, L. n. 1/1978, a norma della quale la deliberazione con la quale il consiglio comunale (allora indiscriminatamente competente) approva il progetto di opera pubblica costituisce adozione di variante degli strumenti urbanistici generali, non può essere riferita all'ipotesi in cui il progetto esecutivo dell'opera sia stato approvato dalla giunta municipale in base alla nuova competenza di cui all'art. 35 L. n. 142/1990; peraltro, il progetto esecutivo di un'opera pubblica, la cui approvazione rientra normalmente nella competenza della giunta municipale, qualora si riferisca ad un'area non destinata dallo Strumento urbanistico generale a pubblici servizi per conseguire l'efficacia di variante allo strumento urbanistico medesimo deve essere approvato dal consiglio comunale" (Cons. Stato, sez. IV, n. 53 del 22.01.1999).
Tale soluzione potrà valere anche nell'ipotesi analoga (aggiunta al quinto comma dell'art. 1 della L. n. 1/1978 dall'art. 4 della L. n. 415/98) in cui l'opera realizzanda si riferisca ad una tipologia di servizio diversa da quella prevista dal piano regolatore…";
Considerato comunque, che essendo stata proposta l'approvazione del progetto ai sensi e per gli effetti dell'art.1 della Legge 1/1978, l'iter procedurale per il perfezionamento della pratica deve essere quello indicato dalla legge predetta e non altro;
Ritenuto pertanto, idoneo, opportuno e alla luce di quanto sopra, legittimo, procedere all'approvazione del progetto oggetto della presente deliberazione ai sensi e per gli effetti della L. 1/78 e successive modifiche ed integrazioni, quinto comma e, individuare il procedimento da utilizzare nell'artt. 6 e seguenti della legge 167/1962, così come previsto dalla legge;
Constatato che la costruzione da realizzare insiste in una zona a destinazione agricola;
Visto che il Comune di Bientina è socio della Società per Azioni denominata Ages;
Considerato che l'opera da realizzare può definirsi opera pubblica, come evidenziato negli atti del Responsabile dell'U.O. Urbanistica;
Ravvisata l'urgenza di procedere all'approvazione, anche in relazione al fatto evidenziato nella nota dell'Ages S.P.A. del 6.2.2001 prot.1977 dove si rappresenta "l'urgenza di realizzare la centrale, dovuta a reali condizioni di pericolo di interruzione del servizio distribuzione gas";
Vista la legge n. 1/1978, art. 1 comma quinto, così come modificata dalla legge n. 415/1998;
Visto il vigente Strumento Urbanistico;
Visto il testo unico 267/2000;
Visto il vigente Statuto comunale;
Con voti favorevoli n.14, contrari n.=, astenuti n.=, su n.14 consiglieri presenti e votanti,
DELIBERA
Di modificare il dispositivo della proposta di deliberazione proposta dall'ufficio Edilizia privata nel modo seguente:
INTERVENTI
Il consigliere Martelloni ritiene opportuno che venga chiamato il funzionario perché chiarisca il perché ha fatto un certo tipo di proposta di deliberazione.
Il Sindaco fa presente che il Consiglio non è un organo giudicante. C'è comunque un fatto: la poca chiarezza nei comportamenti dei funzionari ha costretto il Comune a chiedere pareri a legali che pure hanno un costo per l'Ente.
Il consigliere Maffei si chiede - rifacendosi anche ad episodi similari verificatisi nel recente passato - come mai possano accadere certe cose. Spetta, e la cosa è sancita dalla legge, al Consiglio Comunale dettare gli indirizzi politici e alla macchina burocratica dare attuazione. Non è pensabile si possa o si debba comporre un organo elettivo o una Giunta Comunale con elementi che abbiano competenze tecniche specifiche. E' di altri la competenza specifica per trovare soluzioni tecniche ai problemi che i politici pongono. Sta succedendo il contrario: non ci siamo. Sarebbero da ripetere le stesse considerazioni fatte in altra circostanza e per le quali è partita una denuncia nei suoi confronti da parte di un dipendente comunale. Non ritiene opportuno poi chiamare chicchessia a parlare in Consiglio comunale: se ne ha voglia, si candidi, si faccia eleggere e poi parli. Certa è una cosa: non può essere indicato quale responsabile un consigliere comunale per avere approvato un qualcosa che la parte tecnica propone - ci si augura nel rispetto dei ruoli e delle leggi - e di cui si deve assumere ogni responsabilità. Sono altri i responsabili e non i consiglieri comunali.
Il consigliere Martelloni dice che bisogna approfondire la questione e verificare se esistono eventuali responsabilità. La cosa deve essere portata fino in fondo e ritiene che il costo del parere legale dovrebbe essere pagato dal funzionario che ha provocato questo trambusto.
Il Consiglio è a conoscenza, comunque, di elementi tali che gli possono consentire di esprimere - se lo vuole - un giudizio su uomini e cose.
Ages S.p.A.: approvazione progetto impianto di distribuzione ex art. 1 della legge 1/1978
Relazione del Sindaco
L'oggetto della discussione e relativa approvazione è inerente la realizzazione di una cabina di decompressione e misura gas metano, ubicata in Bientina loc. Il Puntone, nelle vicinanze dell'intersezione tra Via Gofi di Pecora e Via del Puntone, le cui dimensioni sono m. 9,85X m. 9,60, per un'altezza di m. 4,65.
Nel maggio dell'anno passato, l'Ages presentava domanda preliminare (all. 1) per la realizzazione del manufatto, alla quale così rispondeva il responsabile dell'U.O. Urbanistica (all. 2): "…Vi comunico che, sentito il Sindaco, non sussistono difficoltà di carattere politico ad acconsentire la costruzione del manufatto…La relativa concessione edilizia potrà essere rilasciata rapidamente come opera di Pubblico Interesse, facendo parte il Comune dell'Ages, tuttavia l'intervento comporta comunque una Variante al Regolamento Urbanistico perché l'area prescelta è destinata all'uso agricolo".
A parte il rilievo in merito ai rapporti con l'Amministrazione, laddove si cita il "sentito il Sindaco" , che, in quanto Amministrazione, avrebbe dovuto trovare modi più formali nella concretizzazione della volontà, la pratica vede l'esame della Commissione Governo del territorio nella seduta del 9.11.2000.
Nell'istruttoria dell'ufficio (all. 3) si evidenzia che "l'opera ha tutte le caratteristiche di opera pubblica per cui può essere approvata con le procedure della legge 1/78" e pertanto "la variante, dopo l'approvazione del progetto/adozione, ai sensi del citato art. 1 della legge 1/78, seguirà l'iter previsto dall'art. 6 della legge 18 aprile 1968, n. 167 (all. 4) e successive modificazioni".
Coerentemente l'ufficio avanzava la proposta di delibera n. 52/2000 (all. 5), allegando anche una nota di dottrina (all. 6), individuando il procedimento da seguire nella legge 1/78 e secondo le modalità previste dagli art. 6 e seguenti della legge 167/1962 e successive modifiche.
La Commissione Governo del territorio, che come sappiamo ha funzione consultiva rispetto ai lavori del Consiglio Comunale nella materia urbanistica, dopo un'attenta analisi degli atti progettuali oltre di quelli precedentemente richiamati, decide di non portare la pratica all'esame del Consiglio e di chiedere alcuni chiarimenti (all. 7).
In particolare viene sollevata la questione inerente la sicurezza e viene richiesto, in merito, un idoneo parere argomentato e circostanziato "con particolare riferimento alle distanze delle abitazioni adiacenti". Inoltre "…per quanto attiene la tipologia della struttura, non ritiene idonea la soluzione" e invita l'Ages a proporre una nuova soluzione che sia adeguata al contesto in cui la struttura verrà inserita.
L'Ages risponde con una nota del 6.2.2001 (all. 8) chiarendo che "in merito alle distanze sono integralmente rispettate le prescrizioni del DM 24/11/1984" e "peraltro tale norma è richiamata nel parere favorevole del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, allegato alla presente (all. 9) dove si evidenzia come condizione di approvazione del progetto "Rispettare il D.M. 24.11.1984".
Per quanto riguarda invece le finiture, l'Ages chiarisce che per "… la cabina … si prevedono pareti in cls. armato vibrato sp. 15 cm (previste dal D.M. 24.11.84) rivestite in listelli di gres rosso, porte in lamiera verniciata, copertura leggera con lastre in fibrocemento (prevista dal D.M. 24.11.84… tale soluzione fu concordata preventivamente con i Vs. funzionari".
Poiché nella nota citata, l'Ages sottolinea l'urgenza evidenziando "reali condizioni di pericolo di interruzione del servizio distribuzione", ho ritenuto opportuno, dopo aver sentito i capigruppo, per correttezza e rispetto della Commissione che aveva sospeso l'esame, nell'apposita conferenza preliminare ai lavori del Consiglio, inserire la pratica all'ordine del giorno di questo Consiglio.
Si evidenziano però e purtroppo alcuni problemi, sia di merito che procedimentali, rispetto ai quali è necessario che questo Consesso adotti specifiche determinazioni.
Sul piano del merito, l'analisi della proposta n. 5/2001 evidenzia la mancanza di ogni riferimento ai problemi sollevati in sede di commissione.
Infatti, prendendo in esame l'aspetto della sicurezza, è vero che la richiedente nell'ultima nota citata ne afferma il rispetto con richiamo al D.M. del 1984, però è altrettanto vero che il parere dei Vigili del Fuoco che la stessa richiama, pone come condizione per l'approvazione del progetto il rispetto del citato decreto.
Nella proposta di delibera non viene dato menzione di ciò e quindi il problema può essere superato, ponendo come condizione all'approvazione definitiva del progetto in sede di C.E. la verifica del rispetto del D.M. citato, con particolare riferimento alle distanze.
Per quanto riguarda invece l'altro aspetto sollevato dalla commissione, anche in questo caso nulla si dice nella proposta di delibera: dalla nota di risposta ai chiarimenti richiesti, pare di capire la necessità, poiché c'è il richiamo al Decreto, dell'uso del cls., il cui impatto viene attenuato con alcuni accorgimenti che si dice preventivamente concordati con i funzionari.
Funzionari che rappresentano nell'esercizio delle loro funzioni l'Amministrazione, ma non sono l'Amministrazione ne possono o debbono sostituirsi ad essa.
Poiché nonostante l'invito ad un incontro urgente che ho inviato per fax in data 10.02.2001 (all. 10), non c'è stata possibilità di chiarire questo aspetto e nella proposta non troviamo un riscontro al problema, ritengo doveroso proporre l'inserimento di una condizione nella delibera, per i motivi evidenziati, che richiamandosi ai principi che il Piano strutturale e il Regolamento Urbanistico vigenti dettano per il Sistema territoriale in cui verrà inserita la cabina (in particolare l'art. 30 comma 8 (all. 11)), dove si parla di annessi e si afferma che "in ogni caso tali annessi devono inserirsi nel contesto ambientale con tipologie e materiali tradizionali, valutati attentamente in Commissione Edilizia): condizione idonea, quindi, a garantire l'inserimento ambientale del manufatto che si andrà a costruire.
Più complesse sono le problematiche inerenti gli aspetti procedurali, poiché, diversamente da quanto proposto nella proposta 52/2000 dove si richiamava la legge 167/1962, nella proposta in
discussione si richiama la legge 1/78 e al punto b) si propone di "confermare che l'approvazione del progetto costituisce adozione di variante del P.R.G., che sarà approvata con le modalità previste dall'art. 30 della L.R.T. 5/95.
Inoltre al punto c) si propone di "autorizzare, ai sensi dell'art. 6 delle norme tecniche di attuazione del Regolamento Urbanistico, il responsabile dell'ufficio Edilizia Privata a rilasciare la concessione edilizia nelle more di approvazione del presente atto.
Poiché non sono un urbanista e cultore della materia, come più volte mi è stato ricordato soprattutto da chi presume di esserlo, ma comunque consapevole dei miei limiti cognitivi, con umiltà, devo riconoscere le mie difficoltà a capire in base a quale norma e quale procedura deliberiamo stasera.
Da cittadino qualunque mi risulta chiaro soltanto che la richiesta è in contrasto con le previsioni del P.R.G. (zona agricola) e che si rende necessario una variante.
Ma quello che più lascia perplessi e necessita di un chiarimento, sono i richiami alla legge in base alla quale approviamo e che determina poi la procedura da seguire: la L. 1/78 che viene richiamata nell'oggetto, nella premessa e nel punto a) del deliberato; l'art. 30 della L.R.T. 5/95 che disciplina il procedimento "ordinario" di variante al Regolamento Urbanistico al punto b); l'art. 6 del R.U. che disciplina i casi di deroga, in ossequio a quanto stabilito dalla normativa nazionale e dall'art. 35 bis della L.R.T. 5/95, al punto c).
Già una prima riflessione pone il problema di come si possa ammettere il rilascio di una concessione nelle more di approvazione di una variante che, come tutti sanno e non solo i cultori della materia, prevede, nel procedimento ordinario, l'adozione, la pubblicazione, il termine per l'osservazione ed infine la definitiva approvazione: solo allora l'atto è perfezionato ed efficace.
Sembra una questione puramente accademica, anche ai limiti della mera polemica, in realtà è una questione rilevante poiché si pone la necessità di dare certezza con i nostri atti, evitando che in futuro da essi possano sorgere situazioni dubbie e magari difficilmente risolvibili, i cosiddetti "pastrocchi".
Ma soprattutto si rende necessario che il Consiglio possa esprimere la sua volontà all'interno di una situazione di certezza giuridica e serenità, senza doversi porre il problema o la domanda se è corretto ciò che delibera.
E soprattutto da cittadino chiedo e pretendo chiarezza negli atti che deliberiamo.
Quindi non pura accademia, ma la necessità di evitare situazioni contorte che anziché risolvere i problemi ne creano di nuovi, bloccando magari l'attività dell'amministrazione o imponendo il dispendio di notevoli energie, che potrebbero essere utilizzate in modo maggiormente proficuo, per trovare le soluzioni più idonee.
Mi sembra chiaro ed evidente che il Consiglio abbia la "volontà politica" di risolvere questo problema, come per tanti altri interventi, per esempio la rotatoria di Quattro Strade, perciò deve poterla manifestare con la sicurezza che i propri atti siano chiari, legittimi, trasparenti e certi.
Anche per evitare di vedersi accusati di "mediocrità", qualora insorgessero successivamente ostacoli di varia natura, strumentali o non rispetto ad altri fini, magari correlati da esperte relazioni , che ricordano che "il Consiglio ha approvato", senza però chiedersi chi ha proposto, oppure "che è stato dato esecuzione all'atto per non creare ostacoli politici all'Amministrazione", dimenticando che gli ostacoli politici sono ben altri ed è sicuramente immorale, proprio perché la finalità è l'interesse pubblico, qualsiasi attività che priva di chiarezza politica, cerchi attraverso la complicazione degli atti, di rallentare o impedire il raggiungimento di un pubblico interesse.
Per tutto ciò, è necessario deliberare con chiarezza e individuare quale norma e procedimento possa essere utilizzato per il raggiungimento dell'obbiettivo nel minor tempo possibile, considerata l'urgenza di addivenire alla realizzazione della cabina Ages.
Ricordo che un tempo si insegnava che ogni atto o procedimento amministrativo trova in una norma la sua regola e la sua disciplina.
Se questo è vero, credo allora che dobbiamo prima di tutto individuare il raggio di azione di ogni norma richiamata nell'atto proposto, partendo dalla definizione di strumento urbanistico alla luce della L.R.T. 5/95, per poi decidere quale di questi procedimenti è il più idoneo ad assicurare il raggiungimento dello scopo.
E' ben noto a tutti come lo strumento urbanistico vede la distinzione in due atti, il Piano Strutturale ed il Regolamento Urbanistico.
Il primo che detta le norme strategiche, i principi, ragiona cioè in termini di ambiti territoriali (nel nostro caso di sistemi), identificando i limiti, le regole e "offre un disegno di lunga durata e viene approvato da Regione e Provincia.
Il R.U. invece, "che può essere elaborato solo dopo il P.S., propone invece le decisioni operative e viene approvato dal Consiglio Comunale.
Il primo è approvato con gli strumenti dell'accordo di pianificazione o con la procedura di cui all'art. 25 della L.R.T. 5/95; l'altro con i meccanismi dell'art. 30 della legge citata.
E' nel contesto dei limiti degli atti richiamati che si pone l'art. 6 delle norme tecniche di attuazione del R.U, dove si prevede la deroga "dopo deliberazione del Consiglio Comunale…per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, per edifici a carattere produttivo o per interventi derivanti da calamità naturali, o per accertate esigenze di portatori di handicap…".
Una norma questa che abbrevia notevolmente i tempi delle procedure e trova il limite nel Piano strutturale che nella fattispecie considerata non pone particolari divieti e rinvia al R.U., risultando così precluse solo quelle scelte che violano lo "statuto dei luoghi", unica invariante del piano.
La garanzia della norma, che si richiama alla ratio di un analogo principio contenuto nella legge urbanistica nazionale e trova conferma nell'art. 35 bis della L.R.T. 5/95, si individua nella tipizzazione dei casi rispetto ai quali può essere attivata la deroga.
Richiamando la domanda, è da ritenere l'applicabilità di questo Istituto anche se motivi di opportunità inerenti il fatto che si tratta di una cabina di decompressione del gas metano, inducono ad utilizzare procedure che seppur celeri consentano la partecipazione dei cittadini al procedimento, attraverso la possibilità di produrre osservazioni.
Con riferimento all'altro istituto richiamato nella proposta, cioè quello di cui ai commi quarto e quinto dell'art. 1 della L.1/78, nella nota che accompagnava la proposta 52/2000 si afferma che si applica "…nei casi in cui le opere (pubbliche) ricadono su aree che negli strumenti urbanistici approvate non sono destinate a pubblici servizi oppure destinate a tipologie di servizi diverse da quelle cui si riferiscono, …le deliberazioni del consiglio comunale di approvazione del progetto …costituiscono adozione di variante degli strumenti stessi, non necessitano di autorizzazione regionale preventiva e vengono approvate con le modalità previste dagli art. 6 e seguenti della L. 167/1962 e successive modificazioni…la Regione emana il decreto di approvazione entro i sessanta giorni…".
Appare palese l'applicabilità di questo Istituto che risolve, a mio giudizio, anche i problemi di opportunità.
L'art. 30 della L.R.T. 5/95 disciplina invece la variante al Regolamento Urbanistico ed il relativo procedimento, "ordinario" per distinguerlo dagli altri due che abbreviano i tempi anche se circoscritti a particolari fattispecie.
Per ognuno dei tre istituti, la norma di riferimento individua il relativo procedimento: l'art. 6 n.t.a. del R.U. prevede la solo delibera di Consiglio Comunale che riconosca le ragioni di pubblico interesse, il caso tipico e autorizzi la deroga; la L. 1/78, con le modifiche di cui alla L. 415/1998, richiama il procedimento e le modalità degli artt. 6 e seguenti della legge 167/1962; la variante al Regolamento Urbanistico richiama il procedimento di cui ai commi da tre a otto dell'art. 30.
Ritengo risponda ad un principio generale dell'ordinamento l'impossibilità di "mischiare Istituti con procedimenti previsti per altri strumenti": ogni istituto il proprio procedimento.
La conferma la troviamo anche da una valutazione diversa della problematica e cioè non avrebbe senso prevedere procedure accellerate che debbono essere utilizzate solo in alcuni casi ben definiti, se poi l'iter di approvazione segue il procedimento e i tempi di quello ordinario, così come sembra emergere dalla proposta oggetto della discussione.
Che senso avrebbe prevedere - per esempio - la deroga, se poi essa non si perfeziona con il solo atto del Consiglio Comunale ma si rende necessario l'attivazione dell'iter ordinario di variante?
Chiarito le problematiche di fondo e individuato l'istituto più idoneo alla soluzione del nostro caso in quello previsto dall'art. 1 della legge 1/78, rimane da rassicurare il Consiglio in ordine alla legittimità di questa azione o meglio bisogna chiarire se "… sia necessario seguire l'iter della variante al regolamento Urbanistico di cui ai commi da tre a otto dell'art. 30 della L.R. n 571995 ovvero se sia sufficiente l'approvazione del progetto ai sensi dell'art. 1 della L. n. 1/1978" .
A tal fine ritengo utile il contributo che può pervenire da un apposito parere chiesto dall'Amministrazione all'Avv. Toscano dello Studio Merusi di Pisa, inerente una situazione analoga - la rotatoria di Quattro Strade - sulla quale è sorta analoga difficoltà in ordine alle procedure, dove si è visto - tra l'altro - il rilascio della Concessione pur se si affermava la necessità di perfezionare l'iter di variante secondo lo schema dell'art. 30 della legge 5/95, dichiarando l'ufficio di non conoscere "una norma regolamentare che consenta l'approvazione automatica di una variante allo strumento urbanistico".
Il parere citato (all. 12), resosi necessario per dare ancora una volta certezza agli atti dell'Amministrazione ed evitare che nel futuro possano generarsi, da quegli atti, situazioni spiacevoli per tutti e che si assomma ad altro analogamente richiesto all'Ufficio legale dell'Amministrazione Provinciale, così recita:
"… Si tratta, per chiarire meglio la portata ed i limiti della presente disamina1 di valutare se per la realizzazione del progetto approntato dall' Ufficio Tecnico dell'Amministrazione Provinciale finalizzato alla costruzione dì una rotatoria per la sistemazione dell'incrocio tra S.P. n. 8 Valdinievole e S.S.C n. 25 Vicopisano-S.Maria a Monte, sito nel comune di Bientina, sia necessario seguire l'iter della variante al Regolamento Urbanistico di cui ai comma da tre a otto dell'art. 30 della L.R. n. 5/1995, ovvero se sia sufficiente l'approvazione del progetto ai sensi dell'art. 1 della L. n. 1/1978.
Il punto da cui prendere le mosse per l'analisi giuridica della questione e' quello relativo alla verifica del tipo di destinazione impressa dallo strumento urbanistico all'area su cui deve realizzarsi detta opera pubblica, e della natura delta relativa non conformità alle previsioni del piano.
Dalle premesse motivazioni della delibera CC. n. 85/2000 si evince che la destinazione di piano relativa alla zona in questione prevede la realizzazione di servizi pubblici, e quindi si tratta di realizzare, con il progetto de quo, un'opera pubblica destinata ad un servizio diverso da quello previsto, pur rimanendo inalterata la destinazione di piano a servizio pubblico ed il relativo vincolo preordinato all'esproprio.
La normativa cui occorre richiamarsi e che trova applicazione al caso dì specie é l'art. 1 della L. n. 1/1978 (così come modificato dalla L. n. 415/98), la quale deve intendersi disciplina giuridica speciale cui può farsi ricorso, in deroga alla normativa urbanistica regionale, ogni volta che motivate ragioni di interesse pubblico rendono necessario un iter più abbreviato o accelerato per l'approvazione e la realizzazione di un'opera pubblica, anche non programmata e non conforme alle previsioni di piano.
In particolare, il quinto comma prevede che "…nel caso in cui le opere ricadano su aree che negli strumenti urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi oppure sono destinate a tipologie di servizi diverse da quelle cui si riferiscono le opere medesime e che sono regolamentate con standard minimi da norme nazionali o regionali, la delibera del consiglio comunale di approvazione dei progetto preliminare e la delibera di giunta comunale di approvazione del progetto definitivo ed esecutivo costituiscono adozione di variante degli strumenti stessi, non necessitano di autorizzazione regionale preventiva e vengono approvate con le modalità previste dagli arti. 6 e seguenti della legge 18 aprile 1962 n. 167, e successive modificazioni".
Più in generale, il comma 4 della norma citata stabilisce che, nei casi in cui Io strumento urbanistico vigente contenga destinazioni specifiche di aree per la realizzazione di servizi pubblici l'approvazione di progetti preliminari e definitivi di lavori pubblici anche se non conformi alle specifiche destinazioni di piano, non comporta necessità di varianti allo strumento urbanistico, purché ciò non determini modifiche ai dimensionamento o alla localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione, regolamentate con standard urbanistici minimi da norme nazionali o regionali.
Pertanto, la ratio perseguita dal legislatore con la normativa citata e' quella di consentire alla pubblica amministrazione, in presenza di motivate necessità pubbliche, di soddisfare l'esigenza di realizzare, anche in variante al PRG, singole opere pubbliche nell'ambito di un procedimento accelerato e dotato di vita autonoma e con peculiari obiettivi, considerando in tal caso evidentemente superfluo l'esperimento del complesso iter di formazione degli strumenti urbanistici e delle loro varianti. Cìò trova conforto anche nella L. 109/1994, laddove all'ottavo comma dell'art. 14, recante in rubrica "programmazione delle opere pubbliche", prevede la possibilità di ricorrere "per motivate ragioni di pubblico interesse" alle disposizioni dell'art. 1, quarto e quinto comma, della L. n. 1/78, per realizzare progetti di lavori pubblici non conformi agli strumenti urbanistici vigenti e perciò non programmati ne' ricompresi nell'elenco annuale di cui al comma primo dello stesso art.. 14.
E' ritenuto, pertanto, sufficiente il ricorso alla variante interna del quarto comma dell'art. 1 della L. n. 1/78, quando il piano vigente ha già apposto un efficace vincolo preordinato all'espropriazione con la previsione della realizzazione di servizi pubblici, e si tratta soltanto di valutare l'opportunità di realizzare un'opera diversa da quella prevista nel piano, pur nel rispetto del dimensionamento e delle localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione.
Diversamente nel caso in cui il piano urbanistico non preveda la realizzazione nell'area di un'opera pubblica o ci sia nell'area una destinazione a tipologie di servizi diverse da quello cui si riferisce l'opera che pubblica che si intende realizzare, non bastando in tal caso l'approvazione del progetto ai sensi dell'art 1, 4° comma, della L. n. 1/78, bensì occorrendo l'adozione della variante al piano secondo la procedura, sia pure abbreviata, prevista dal 5° comma della medesima norma secondo l'iter della L. n. 167/1962 e l'approvazione dell'autorità competente.
In tal senso si e' pronunciata una costante1 ed anche recente, giurisprudenza amministrativa, la quale ha affermato che ".. in forza dell'art. 1 della legge n. 1/78, l'approvazione del progetto di un'opera pubblica che non sia conforme alle previsioni del piano urbanistico e' ammessa solo quando il piano vigente già prevede un efficace vincolo preordinato all'espropriazione; in tal caso la realizzazione di un'opera pubblica diversa da quelli contemplati dallo strumento urbanistico non richiede la necessità di una variante al medesimo. La ratio della disposizione considera evidentemente come superfluo l'esperimento del complesso iter di formazione degli strumenti urbanistici quando si tratti di valutare solamente un diverso assetto e bilanciamento dei servizi pubblici da dislocare sul territorio, e quando non vi sia la esigenza e motivazione sull'impatto della nuova scelta urbanistica sull'interesse dei privati coinvolti, ai quali non si richiedono ulteriori sacrifici, trattandosi di aree già predestinate al soddisfacimento di un interesse pubblico. Al contrario, se il piano urbanistico non contempli la realizzazione sull'area di un' opera pubblica1 e il Consiglio Comunale per la prima volta la preveda, non basta l'approvazione del progetto, ma con essa si accompagna l'adozione della variante al piano, sulla quale si deve pronunciare anche l'autorità' competente alla sua approvazione con la procedura accelerata all'uopo prevista (sic. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, n. 1200 del 28.04.2000; Cons. Stato, sez. V, n. 462 del 22.06.1998).
In virtù della modifica introdotta dall'art. 4 della L. n. 415/98, a tale seconda ipotesi deve analogamente ricondursi quella in cui, pur preesistendo la destinazione di piano a servizi pubblici, l'opera che si intende realizzare sia riconducibile ad una tipologia di servizio diversa da quella prevista sull'area dallo strumento urbanistico, con conseguenti modifiche al dimensionamento o alla localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione.
Con riguardo al caso di specie si può concludere pertanto che il Comune di Bientina, dando atto delle evidenti ragioni di pubblico interesse che giustificano la modifica delle precedenti scelte urbanistiche, può far ricorso alla procedura di variante accelerata di cui alla normativa speciale della L. n. 1/1978, anziché all'iter della variante al regolamento urbanistico di cui all'art. 30. L.R.T. n. 5/95. Pertanto, se sull'area in cui codesta amministrazione intende realizzare l'opera descritta esiste una previsione di piano che contempla la destinazione ad una tipologia di servizio diversa rispetto a quella cui è ascrivibile l'opera realizzanda, che comporta implicita modifica al dimensionamento ed alla localizzazione delle aree per specifiche tipologie di servizi alla popolazione, occorrerà procedere all'iter abbreviato di cui agli artt. 6 e seg. della L. n. 167/1962, ai sensi del quinto comma di cui all'Art. 1 della L. n. 1 /1978, senza alcuna autorizzazione regionale preventiva.
Il rinvio a tale norma attiene ovviamente alle modalità procedimentali, ma non si estende ai contenuti sostanziali valevoli per i piani dell'edilizia residenziale pubblica. In particolare, l'iter cui si rinvia prevede: la pubblicazione degli atti relativi mediante deposito presso la segreteria comunale, affissione sull'albo del Comune e inserzione sul FAL della Provincia, per le opposizioni e le osservazioni, l'inoltro di tutti gli atti all'assessorato regionale dei lavori pubblici per la definitiva approvazione nei sessanta giorni successivi.
La variante entra in vigore con l'approvazione regionale ed e' solo in quel momento che la modifica della destinazione urbanistica dei suoli interessati acquista efficacia. Per l'effetto, la dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza rimane differita rispetto al momento dell'approvazione del progetto da parte del competente organo comunale e consegue solo al perfezionamento dell'iter di approvazione della variante. Solo l'approvazione regionale e' idonea, cioè, a far conseguire gli effetti di dichiarazione di p.u. del progetto dell'opera approvata, ed a sorreggere gli ulteriori atti della procedura ablativa, quale il decreto di occupazione d'urgenza (sic. Cons Stato, sez, VI, n. 702 deI 23.02.1998).
Per completezza espositiva deve precisarsi che la realizzazione di un'opera pubblica mediante ricorso alla procedura di cui all'art. I della L. n. 71/78 non richiede ovviamente la necessaria previa inclusione dell'opera stessa nel programma pluriennale di attuazione (v. Cons. Stato, sez. VI, n. 1204 deI 12.11.1996).
Deve aggiungersi. da ultimo, che, posto che, ai sensi dell'art 32 L. n. 142/1990, rientra nella competenza del consiglio comunale l'adozione di piani territoriali e urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, si ritiene che la giunta comunale non può sostituirsi al consiglio nel deliberare una variante al piano regolatore generale, neppure quando si tratti di variante parziale e di rito abbreviato, ai sensi dell'art. 1 della L. n. 1/78, atteso che anche le varianti devono intendersi riservate al Consiglio.
E' stato affermato, infatti, dalla giurisprudenza amministrativa che "….la disposizione dell'art. 1. 5° comma, L. n. 1/1978, a norma della quale la deliberazione con la quale il consiglio comunale (allora indiscriminatamente competente) approva il progetto di opera pubblica costituisce adozione di variante degli strumenti urbanistici generali, non può essere riferita all'ipotesi in cui il progetto esecutivo dell'opera sia stato approvato dalla giunta municipale in base alla nuova competenza di cui all'art. 35 L. n. 142/1990; peraltro, il progetto esecutivo di un'opera pubblica, la cui approvazione rientra normalmente nella competenza della giunta municipale, qualora si riferisca ad un'area non destinata dallo Strumento urbanistico generale a pubblici servizi per conseguire l'efficacia di variante allo strumento urbanistico medesimo deve essere approvato dal consiglio comunale" (Cons. Stato, sez. IV, n. 53 del 22.01.1999).
Tale soluzione potrà valere anche nell'ipotesi analoga (aggiunta al quinto comma dell'art. 1 della L. n. 1/1978 dall'art. 4 della L. n. 415/98) in cui l'opera realizzanda si riferisca ad una tipologia di servizio diversa da quella prevista dal piano regolatore.".
Con ciò credo di aver evidenziato e chiarito i dubbi che nascano dalla proposta: dubbi forse originati dalla non comprensione di taluni passaggio, forse dovuta al mio ruolo di cittadino, e non di tecnico, che è stato chiamato ad Amministrare.
Dubbi comunque che necessitano di un deliberato preciso e puntuale e quindi impongono di svolgere una controdeduzione alla proposta avanzata, sia sul piano più strettamente del merito attraverso l'introduzione delle due condizioni richiamate in premessa, nel rispetto di quanto sostenuto dalla Commissione consiliare, sia sul piano del procedimento e della norma di riferimento che, con richiamo al parere precedentemente citato e alle motivazioni svolte, non può che essere la L. 1/78 e conseguentemente gli artt. 6 e seguenti della L. 167/1962.
Infine si evidenzia la necessità che l'atto venga sottoposto al Controllo degli organi competenti per definire una volta per tutte la problematica in questione.
Bientina, 16 febbraio 2001
Il Sindaco
Marco Braccini